E’ stata istituita con decreto del governo la Zona Logistica Semplificata per il Veneto (Zls). Un’area di 4.681,21 ettari, tra aree portuali, retro-portuali e di sviluppo industriale nelle province di Venezia e Rovigo, che coinvolge17 comuni del Polesine con baricentro nel Porto di Venezia e Chioggia.
Si tratta di una decisione che incide profondamente nell’impianto logistico del Veneto e che è finalizzata ad attrarre investimenti attraverso una drastica semplificazione amministrativa e la possibilità di accedere a sgravi fiscali, oltre che ad un piano di interventi regionali finanziati con le risorse del PR FESR 2021-2027.
L’iter era iniziato due anni fa e ha richiesto un forte impegno da parte della Regione, anche a causa di recenti modifiche normative che hanno determinato la necessità di rivedere i contenuti del Piano di Sviluppo Strategico.
“Si è potuti giungere a questo importante risultato – commenta il presidente Luca Zaia – proprio per la piena e leale collaborazione tra i Ministeri competenti e la Regione. La ZLS Porto di Venezia – Rodigino rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo regionale; le stime dicono che in dieci anni può produrre investimenti economici pari a 2,4 miliardi di euro, un aumento di 177.000 posti di lavoro, un incremento dell’export del 40% e dell’8,4% del traffico portuale”.
Questo polo logistico s’aggiunge ad altre importanti realizzazioni centrate sul Veneto orientale: il Mose, il Passante di Mestre, il potenziamento degli aeroporti di Venezia e Treviso, la Pedemontana Veneta sono altrettante importantissime infrastrutture a supporto dello sviluppo industriale e commerciale di quell’area della regione.
Non si può dire altrettanto per quel che riguarda la parte occidentale, che comprende la provincia di Verona, ma anche quella di Vicenza, le cui attività produttive fruiscono di infrastrutture concepite alcuni decenni fa. E ciò vale anche per il turismo che, non dimentichiamolo, per fatturato e movimentazione di persone, è l’industria più grande del Veneto. Il Veneto occidentale non ha avuto negli ultimi 15/20 anni lo stesso sviluppo infrastrutturale di quello orientale. Non solo. Addirittura è andato indietro. Vale per tutti l’esempio dell’aeroporto di Verona, ridotto a scalo di serie B, subordinato a Venezia e anche penalizzato da finanziamenti inadeguati allo sviluppo nel silenzio quasi generalizzato della politica e con la connivenza delle amministrazioni partecipi della proprietà.
E, anche se dimenticata, vale la pena ricordare la vicenda della TiBre (Tirreno-Brennero), l’autostrada che avrebbe dovuto collegare Verona al porto di La Spezia, e quindi al Tirreno, e che avrebbe creato uno sbocco marittimo al Quadrante Europa, molto importante per il traffico commerciale del centro-Europa destinato al Mediterraneo di cui Verona è un crocevia strategico. La costruzione dell’autostrada, il cui progetto è stato ultimato nel 2009, che avrebbe dovuto partire dalla Cisa e collegarsi alla A22 a Nogarole Rocca, è stata interrotta vicino a Parma dopo la costruzione di un breve tratto e i lavori non sono più andati avanti. Non abbiamo sentito nessun parlamentare o rappresentante dei veronesi sollevare il problema. C’è da augurarsi che i nuovi eletti veronesi che s’insedieranno il 13 ottobre facciano sentire la loro voce, denuncino e si muovano per risolvere, non solo il blocco della Tigre, ma la sostanziale marginalizzazione di Verona, Vicenza e del loro territorio.