Se qualcuno aveva dei dubbi circa la posizione da parte delle autorità scolastiche alla proposta di istituire la settimana corta per tutte le scuole al fine di risparmiare energia è servito. C’ha pensato il numero uno della scuola Italia, il ministro del’Istruzione Patrizio Bianchi che stamattina alla trasmissione Radio Anch’io su Radio dicendo che “la scuola deve essere l’ultima” ad essere interessata da eventuali provvedimenti sui “problemi connessi al costo dell’energia”.
“La scuola – ha continuato il ministro- ha bisogno di una presenza chiara ed esplicita e non soggetta agli andamenti del prezzo del gas”.
In poche parole: niente settimana corta per risparmiare elettricità e gas. 

La proposta di mettere mano all’orario scolastico era venuta proprio da Verona, dove il vice-presidente della Provincia David Di Michele aveva suggerito che in vista degli enormi aumenti delle bollette, peraltro a carico della Provincia e non dei singoli istituti scolastici, venisse organizzato un tavolo dei soggetti istituzionalmente coinvolti per trovare delle soluzioni che portassero ad un risparmio di energia. Una proposta più che sensata, leggibile sia come finalizzata al risparmio economico, che a quello “ecologico”.  Gli aveva subito fatto eco il presidente dell’ATM, l’azienda veronese che gestisce il trasporto pubblico, che aveva sostenuto l’idea della settimana corta.

Se le scuole restassero chiuse il sabato ci sarebbe un risparmio notevole anche per i trasporti, con una ricaduta positiva sull’inquinamento oltre che sul traffico.
Subito c’è stata una levata di scudi da parte del mondo della scuola che, a cominciare dal Ministro, non tollera interferenze.

Un brutto segnale sotto vari aspetti. Certamente non è un bell’esempio di coesione sociale assistere alla spaccatura  delle istituzioni: una che tira da una parte e una che tira dall’altra. Non è nemmeno un segnale di sensibilità ecologica quella della scuola che rifiuta di ritoccare gli orari, ben sapendo che ne deriverebbe un vantaggio per l’ambiente e per le finanze pubbliche. In fin dei conti alla scuola era richiesto solo un piccolo sforzo: mettersi davanti al calendario e rivedere gli orari scolastici. Non l’hanno voluto fare. Per ora. Lo potrebbero dover fare più avanti, per forza.