Adesso che la polemica dei no-vax s’è affievolita e ben altre sono le preoccupazioni, il tema vaccini può essere affrontato con più serenità. L’obbligo sancito durante la pandemia è ormai un ricordo. Idem il Green-pass. Quindi se ne può parlare senza il timore di essere accusati di essere gli emissari di chissà quale potere occulto o di Big Pharma.
Il ragionamento da fare è alla portata di tutti. Se da un secolo si fanno i vaccini e grazie ad essi certe malattie sono scompare o quasi dalla faccia della terra vuol dire che a qualcosa servono. Basta pensare al vaiolo o alla poliomielite. Logicamente su centinaia di milioni di persone vaccinate delle reazioni avverse ci sono state e hanno determinato delle sacche di ostilità. Ma pur con tutto il rispetto per gli sfortunati che le hanno avute, la valutazione dev’essere generale. E sui grandi numeri i vaccini sono serviti, servono e serviranno perché ci sono delle malattie che altrimenti non si riuscirebbe a combattere.

Che poi in alcuni casi riescano solo, come per il Covid, a renderla meno grave o letale, questo non ne mette in discussione l’utilità. Dati alla mano il vaccino ci ha risparmiato un sacco di morti.

L’influenza è una di quelle malattie che a causa delle mutazioni dei virus che la provocano richiede aggiornamenti annuali del vaccino sulla base delle varianti registrate in quei paesi dove circola prima di arrivare in Europa.

L’influenza non è una malattia grave, ma ogni anno in Italia causa, direttamente o indirettamente per le complicanze, la morte di 5/10 mila persone. E sono in particolare gli anziani e le persone fragili a rischiare di più.

E in ogni caso non è divertente essere costretti a letto con la febbre. Nel migliore dei casi è una seccatura, ma anche un danno economico per coloro che, lavorando in proprio, devono sospendere la loro attività. E un danno collettivo per la mancata produttività di alcuni milioni di italiani. Per non dire del costo sanitario in termini di farmaci antipiretici, antinfiammatori e ricoveri.

I dati raccolti finora indicano che l’influenza di quest’anno sarà piuttosto cattiva.Tutto lascia pensare che se nei due anni di pandemia l’uso della mascherina ha limitato molto la diffusione del virus, quest’anno non sarà così e un’epidemia influenzale potrebbe sovrapporsi a una recrudescenza del Covid, con in più la difficoltà della diagnosi differenziale fra le due malattie.

Per questi motivi fra ottobre e novembre bisogna prendere in seria considerazione la necessità di vaccinarsi anche contro l’influenza.